OSTEOFITOSI CERVICALE: RARA CAUSA DI DISPNEA ACUTA GRAVE.
Report di 2 casi con diversa evoluzione e gestione terapeutica; confronto con la letteratura.
O. Marotta*- N.Maione°- V. Marotta^
*Casa di Cura S. Patrizia – Napoli
° Ospedale S. Paolo – Napoli
^Universita’ A.Moro – Bari
INTRODUZIONE
Gli osteofiti sono “tumefazioni ossee” dovute ad un’eccessiva proliferazione di elementi cellulari in risposta a stimoli irritativi cronici (1) come ad esempio:
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trazione continua esercitata da tendini e legamenti a livello delle proprie inserzioni ossee
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processi infiammatori cronici tipici delle malattie artritiche come la spondilite anchilosante
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attriti reiterati a livello della giunzione osteo-cartilagine (osteofiti propriamente detti o condro-osteofiti).
L’osteofitosi della colonna vertebrale cervicale si verifica nel 20%-30% della popolazione generale, interessando più frequentemente la popolazione anziana (2), (3), (4). Gli osteofiti cervicali possono essere singoli o multipli, più spesso hanno origine idiopatica (malattia di Forestier) (5) ma potrebbero anche essere causati da eventi traumatici, infettivi e/o iatrogeni (es. chirurgia spinale) (2).
In caso di interessamento della faccia anteriore delle vertebre cervicali, possono svilupparsi fenomeni di flogosi cronica anche a carico della mucosa delle vie aeree-digestive in corrispondenza delle neoformazioni (iperplasia infiammatoria reattiva intrinseca dell’ipofaringe e dell’esofago) (6).
Clinicamente la maggior parte dei pazienti è asintomatica pertanto la diagnosi è spesso occasionale (imaging per altre patologie). Tuttavia, anche se raramente, l’impatto clinico-sintomatologico può essere alquanto importante: in caso di iperostosi cervicale anteriore, infatti, l’ostruzione meccanica del segmento faringo-esofageo che ne consegue può causare non solo disfagia (sintomo più frequentemente lamentato) ma anche sensazione di corpo estraneo, tosse, disfonia e più raramente dispnea (7), (8). Inoltre, eccezionalmente, queste lesioni ossee possono causare addirittura un grave distress respiratorio acuto tale da compromettere le normali funzioni vitali (9).
Riportiamo due casi di osteofitosi anteriore del rachide cervicale, uno dei quali trattato dal punto di vista sintomatologico con terapia medica, l’altro complicato da insufficienza respiratoria acuta e sottoposto a tracheotomia d’urgenza per il ripristino delle funzioni vitali.
CASI CLINICI
Caso 1
Uomo di 71 anni, riferiva dispnea e disfagia progressivamente ingravescente con conseguente perdita moderata di peso corporeo. Alla laringoscopia si evidenziava una grossa tumefazione della parete posteriore dell’ipofaringe rivestita da mucosa di aspetto sano, interessante prevalentemente l’emilato sinistro e ristagno salivare nel seno piriforme omolaterale, il piano cordale risultava scarsamente visualizzabile. l movimenti del collo erano ben conservati. Gli esami TC ed RMN del collo mostravano la presenza di processi osteofitosici anteriori in corrispondenza dei corpi vertebrali da C5 a C7 [Fig-1]. Nessun altra simile lesione ossea veniva identificata nelle indagini radiografiche della colonna vertebrale toracica e lombare. Inoltre, si evidenziava asimmetria del vestibolo laringeo e dislocazione verso destra della cricoide e dell’esofago ad opera delle suddette neoformazioni. Per l’elevato rischio anestesiologico derivante dalle comorbidità del paziente, non è stato possibile eseguire l’intervento chirurgico di osteofitectomia cervicale. Il paziente tornava al Pronto Soccorso circa 4 mesi più tardi, lamentando grave difficoltà respiratoria rapidamente deteriorata in insufficienza respiratoria acuta, motivo per cui veniva eseguita una tracheotomia d’urgenza. Successivamente, si rendeva necessario praticare anche una gastrostomia percutanea endoscopica per ripristinare la corretta alimentazione.
Fig 1: a) e b): immagini TC di osteofitosi del rachide cervicale. c) immagine RMN con evidenza di occlusione del lume faringeo ad opera di massa osteofitosica.
Caso 2
Uomo di 67 anni, afferiva presso gli ambulatori di ORL per disfagia progressivamente ingravescente durante gli ultimi 6 mesi. Il paziente non lamentava dolore né dispnea o disfonia. Alla laringoscopia si evidenziava una tumefazione della parete postero-laterale sinistra dell’ipofaringe, ricoperta da mucosa sana, ostruente parzialmente il lume faringeo così da ostacolare la completa visione della laringe. L’esame TC mostrava la presenza di osteofiti cervicali multipli e segni di flogosi dei tessuti peri- ipofaringo/laringei. Non venivano evidenziate alterazione della pervietà del lume aereo tracheo-laringo-faringeo [Fig-2]. Il paziente rifiutava il trattamento chirurgico di osteofitectomia cervicale propostogli in seguito alle consulenze ortopedica e neurochirurgica. Veniva perciò instaurata terapia medica esclusiva, basata su farmaci anti-infiammatori ed anti-reflusso gastroesofageo al bisogno, ottenendo un discreto miglioramento sui sintomi inizialmente riportati. Ad un anno di follow-up, il paziente riferisce ancora occasionali episodi di acuzie sintomatologica.
Fig.2: alterazioni osteofitosiche del rachide cervicale.
DISCUSSIONE
Dispnea e disfagia riconoscono solo raramente un’eziopatogenesi di natura scheletrica. Secondo Grandville et al., il 10,6% di tutte le persone che si presentano a visita specialistica ORL per disfagia ingravescente ha alla base un problema di osteofitosi del rachide cervicale (10). Il medico dovrebbe essere sempre consapevole di questa entità, in maniera da essere in grado di riconoscerla tempestivamente, trattarla e seguirla nel tempo adeguatamente.
Gli osteofiti cervicali sono lesioni di carattere benigno, tendenzialmente asintomatiche, di comune riscontro specialmente nella popolazione anziana probabilmente per le alterazioni scheletriche degenerative caratteristiche di questa età evolutiva, con un’incidenza stimata fino al 30% della popolazione generale (2), (3), (4). Sono stati usati molti termini diversi per descrivere questa condizione, ad esempio spondilite iperostosica, iperostosi scheletrica idiopatica diffusa (DISH), malattia di Forestier, spondilite cervicale, o semplicemente osteofitosi cervicale. Nonostante queste lesioni nella maggior parte dei casi non danno segno di sé fino ad un riscontro radiografico occasionale, l’osteofitosi cervicale può determinare disturbi importanti e da non sottovalutare.
Secondo i dati attualmente disponibili in letteratura scientifica, la disfagia per solidi è presente in circa il 6-28% dei casi ed, insieme alla sensazione di corpo estraneo, è il sintomo più frequentemente descritto (3). Poiché i tratti vertebrali cervicali più comunemente interessati sono C5-C6 (40%) e C4-C5 (23%) (11), le lesioni originanti in questi livelli determinano una compressione meccanica del faringe e dell’esofago e/o un’infiammazione cronica dei tessuti para-ipofaringo-laringei, spiegando perché le alterazioni della deglutizione sono i primi segnali a manifestarsi. Con la progressione della patologia, la disfagia può interessare anche i liquidi e associarsi a tosse e rigurgito nasale (10).
I sintomi laringei e respiratori ad etiologia scheletrica sono descritti ancor più raramente. Come suggerito da Matan et al., tali disturbi possono derivare sia dalla deviazione delle vie respiratorie causata per effetto massa da parte dell’osteofita stesso, sia dalle alterazioni fibrotiche del muscolo crico-aritenoideo posteriore a causa del continuo attrito tra la lamina cricoidea e massa osteofitica (6). Una recente review scientifica sulla malattia di Forster ha evidenziato che una dispnea lieve e moderata era presente rispettivamente nel 6% e nel 12% della popolazione studiata (12), mentre ad oggi, casi che hanno richiesto una tracheotomia d’urgenza sono stati solo sporadicamente descritti (4), (11), (6), (13), (14), (15).
Il planning terapeutico varia a seconda dei sintomi, dei bisogni e dei meccanismi patogenetici caratteristici di ogni singolo paziente. Nei pazienti sintomatici l’opzione chirurgica è rappresentata dall’asportazione degli osteofiti, eseguita tramite approccio anteriore. Inoltre, Matan et al. suggeriscono di valutare attentamente l’infiammazione reattiva intrinseca dell’ipofaringe e dell’esofago così trattare entrambe le cause di ostruzione qualora presenti, ossia quella esterna (pressione ab estrinseco) e quella interne (iperplasia infiammatoria del crocevia aero-alimentare) (6).
Nei casi in cui non è possibile effettuare l’asportazione delle neoformazioni ossee, può essere necessario una tracheostomia di sicurezza onde evitare episodi di distress respiratorio acuto e/o addirittura morte, così come può rendersi necessario praticare una gastrostomia percutanea (PEG) per garantire un adeguato apporto nutrizionale.
I casi di osteofitosi cervicale riportati in questo report, esemplificano proprio i due meccanismi patogenetici precedentemente descritti. Infatti, seppure entrambi i pazienti non sono stati sottoposti in prima istanza a trattamento chirurgico, hanno presentato un’evoluzione diversa del quadro sintomatologico, richiedendo pertanto una diversa gestione clinica.
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Per il primo paziente è stato necessario eseguire una tracheostomia d’urgenza poiché l’osteofita gigante delle vertebre cervicali, proiettandosi nell’ipofaringe, aveva causato occlusione subtotale del tratto aero-digestivo superiore e grave crisi dispnoica tale da mettere a rischio la vita stessa del paziente. Per lo stesso motivo, si è reso necessario trattare la malnutrizione instaurando un’alimentazione tramite PEG.
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Al contrario, i sintomi più sfumati descritti dal secondo paziente sono stati gestiti con la terapia farmacologica solo al bisogno. In questo caso, la disfagia potrebbe essere stata dovuta ai processi infiammatori interessanti la mucosa delle vie aerodigestive piuttosto che alla “lesione occupante spazio” come nel caso precedente.
La diversa patogenesi degli stessi sintomi può spiegare perché i trattamenti farmacologici, come ad esempio un’adeguata terapia anti-reflusso ed anti-infiammatoria possano essere più efficaci in alcuni casi piuttosto che in altri.
In ogni caso, dinanzi al reperto di un voluminoso osteofita cervicale anteriore, se la riduzione del calibro respiratorio è notevole, bisognerebbe sempre interrogarsi sul caso di programmare una tracheotomia in elezione, da eseguire in maggior sicurezza anestesiologica, piuttosto che rischiare l’instaurarsi di un grave distress acuto e il dover gestire situazioni cliniche critiche.
Ad oggi non esistono linee guida chiare ed univoche riguardanti la gestione di tale patologia. A nostro avviso, sarebbe necessario sviluppare studi con follow-up più lunghi in maniera da valutare la probabilità con cui un’osteofitosi cervicale ben gestita farmacologicamente possa aggravarsi improvvisamente generando eventi pericolosi per la vita del paziente stesso. A tal proposito, Maiuri et al. hanno riporta un caso di disfagia di lunga durata (2 anni), gestita farmacologicamente, improvvisamente precipitato in un distress respiratorio acuto (16).
L’asportazione chirurgica degli osteofiti sintomatici dovrebbe essere il gold standard terapeutico da programmare in elezione ogni qual volta non vi siano controindicazioni, e se non effettuabile, dovrebbe essere eseguita una tracheotomia preventiva ogni volta che il quadro clinico sia complicato da dispnea al fine di evitare l’insorgenza di gravi alterazioni respiratorie che possono anche condurre a morte.
CONCLUSIONI
Gli osteofiti della colonna cervicale anteriore sono reperti comuni ancora oggi spesso sottovalutati nella pratica clinica. Più frequentemente sono asintomatici, ma quando clinicamente evidenti, la disfagia è il fastidio più comune. Nonostante l’ostruzione delle vie aeree ad opera di tali masse ossee sia molto rara, il medico dovrebbe essere sempre consapevole di questa entità, in maniera da essere in grado di riconoscerla tempestivamente, trattarla e seguirla nel tempo adeguatamente. In ogni caso, quando possibile, il management dell’osteofitosi cervicale dovrebbe essere multidisciplinare, con una stretta collaborazione tra specialisti ORL e neurochirurghi, per evitare l’insorgenza improvvisa di complicanze anche molto pericolose per il paziente.
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